Ci sono esperienze gastronomiche che
avvolgono a tuttotondo. Quando scrivo di un vino mi piace documentarmi, sapere
non solo che uva finisce nel mio bicchiere, ma anche chi la produce, come, da
dove vengono le scelte che ha fatto, etc.
Per cui studio, leggo, mi confronto. Questa volta siamo in Liguria, a due passi dal confine con la Francia,
in una terra difficile. E su queste terre si svolge la storia di Dino Masala.
Il produttore
Per capire da dove venga il nome « A Trincea »
bisogna arrivare fin sulla sommità della collina: li ad attenderci troviamo
infatti una trincea risalente alla seconda guerra mondiale ricavata nel terreno
dai soldati, ben protetta da pietre, tra le quali si scorgono ancora una canna
di mitragliatrice ed il nastro porta proiettili divorati dal tempo e dalla
ruggine. In bella mostra anche un elmetto dei nostri soldati, eroi che difesero
i nostri confini.
Dino Masala, imprenditore edile, e i suoi figli hanno
trasformato questa collina in un piccolo microcosmo di biodiversità, tracciando
25000 metri di muretti a secco e piantandovi ulivi della varietà taggiasca e
vari tipi di vigna, tra cui il rossese. Un progetto mastodontico e strettamente
legato al recupero di tecniche e manualità provenienti dal passato.
Nel ricostruire e mantenere queste antiche tradizioni,il vino viene
prodotto secondo le antiche usanze, senza che mai le piante vengano innaffiate,
alimentandolo con materie organiche, evitando qualsiasi uso di prodotti chimici
o diserbanti, zappando il terreno manualmente, tagliando le radici superficiali affinché le restanti penetrino nelle fessure rocciose alla ricerca dell'acqua e
delle sostanze nutritive.
Solo nei primi anni di
vita, quando le piante soffrono molto la siccità, vengono annaffiate le foglie
al calar del sole. Andando avanti negli anni il vigneto non avrà più bisogno di
acqua e sarà sempre di più resistente alle malattie, rendendo quasi nullo ogni
trattamento.
Il vino
Il nome di questo vino risale ad alcuni secoli fa. Probabilmente la
prima comparsa dei questo nome si ha intorno al 1200, e deriva dal fatto che le
viti erano coltivate sul suolo roccioso in cui crescevano, piantate in quel
poco di terreno che si poteva reperire tra roccia e roccia, i tralci lasciati serpeggiare
a piacere, come l'edera, mentre i grappoli venivano legati a paletti affinché non toccassero terra e assorbissero il calore rilasciato dalle pietre.
L'uva di un elevato grado zuccherino, dava un vino pregiato, sia bianco
che rosso e sopportava lunghi viaggi senza subire alterazioni nè nel colore nè
nel sapore.
Il Roccese è storia della Liguria e non un vitigno. Un pezzo di questa
storia è stata ricostruita in un lembo di terra sulle alture di Airole in Valle
Roja; un viandante genovese nel 1871 descrive così la zona:
"Un uomo fu guida dei miei
passi e camminando mi raccontava la travagliata vita che conducono gli
abitanti. La loro forza, mi diceva è nella conquista che essi riescono a fare
sopra un’avversa natura quasi inesorabile. Il contadino sul ripido pendio delle
rocce innalza i terrapieni, l ’uno sopra l ’altro sostenute da muri a secco,
quasi tutti ed egual distanza. Lo scoglio rotto col piccone somministra le
pietre per i muri, circolare o rettiline a seconda del luogo. Le sommità di un muro
e il piede dell ’altro vengono riempite di terra.
Questi terrazzi
con tant’arte e fatica costruita ad imitazione della natura e a forma di
anfiteatro erano piantumati di orgogliosi viti e ulivi. Non mi rimaneva che
ammirare la perizia del contadino che in tal modo coltivando i fianchi dei
monti riparava alla scarsezza delle pianure occupate dal letto del fiume. Il
silenzio che vi regna non viene turbato che da alcuni fili di acqua che si
gettano nel fiume.
Sfinito sostai ad
Airole, un piatto di squisite trote pescate nel sottostante Roja e vino
prelibato di quel luogo mi ridarono la forza e l ’ordine".
Il Roccese Rosso è ottenuto dalla
pigiatura di uve rossese e altre uve autoctone. La vinificazione avviene in botti
d’acciaio per dodici mesi. All'esame visivo presenta un colore rosso rubino. Il
suo punto interessante risiede sicuramente nella parte olfattiva dove esplode
il suo straordinario legame con il territorio. Chiari sono infatti i sentori di
erbe aromatiche e di piante officinali tipiche del vigneto.
In bocca il vino sembra
dapprima leggero. Bisogna lasciarlo respirare un po prima di sentirlo
esprimersi appieno con un attacco deciso e tannini levigati e gradevoli.
Nota di degustazione
Data
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21 Settembre 2015
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Nome
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ROCCESE ROSSO
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Vendemmia
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2013
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Nazione
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Italia
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Regione
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Liguria
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AOC-DOC
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Uve
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Roccese
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Temp. di servizio
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16-18° C
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Alcohol
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13,5
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Prezzo (in euro)
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18
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SO2 (in mg/l)
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nd
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Esame Visivo
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Esame Gusto Olfattivo
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Limpidezza
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Limpido
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Corpo
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Di corpo
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Colore
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Rosso Rubino
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Equilibrio
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Equilibrato
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Consistenza
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Abbastanza consistente
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Morbidezza
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Caldo, Abb. Morbido
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Effervescenza
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Durezza
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Abb. Tannico
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Intensità
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Intenso
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Aromi
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Origano, timo, erbe aromatiche
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Intensità
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Intenso
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Complessità
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Abbastanza Complesso
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Persistenza
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Abb. Persistente
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Qualità
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Fine
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Considerazioni finali
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Descrizione
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Erbe aromatiche, piante
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Stato evolutivo
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Pronto
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officinali
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Armonia
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Armonico
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Abbinamenti
cibo-vino
Il vino sostiene bene l’abbinamento con carni rosse e formaggi stagionati;
tuttavia é da considerarsi più adatto a piatti di carni bianche come capretto e
coniglio ma anche piccolo uccelli come tordi e colombe o pesce saporito come lo
stoccafisso.
Questo vino è stato una scoperta inaspettata,
come tutte le cose che nella vita lasciano il loro segno. Una storia di
passione, perseveranza, rispetto per le natura e la tradizione. C’è molto più che del succo d’uva in questo bicchiere.
Il prossimo
passo? Andare di persona a visitare l’azienda e a
provare tutti i loro prodotti!
Ma mai andare tra Capodanno e Pasqua …
mi hanno detto che il signor Dino non fuma e soprattutto non beve in quel
periodo J
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